martedì, aprile 10, 2007

Deja - Vù


Quando il signor Pharrel, arzillo ottantenne, fu contattato dal dottor Chris Moulin, neuropsicologo della Leeds University, per una visita presso il suo istituto in Inghilterra, si rifiutò di andarci. La ragione era semplice: lui in quella clinica c'era già stato e non aveva intenzione di tornarci. Quando gli fecero notare che non ci aveva mai messo piede, Pharrel descrisse con dovizia di particolari gli incontri che aveva avuto con lo specialista e perfino l'arredamento dello studio. Dettagli che si rivelarono corretti anche se, in realtà, lui in quel posto non c'era davvero mai stato. Il signor Pharrel è uno dei due casi al mondo di déjà vu cronico, studiati dai ricercatori della Leeds University che, sul tema, hanno recentemente pubblicato due articoli sulla rivista scientifica Neuropsychologia.

Il fascino dello spasmo
In genere il déjà vu dà un senso di spaesamento perché non ci si sente padroni delle proprie esperienze. È come se un granello di sabbia inceppasse il meccanismo del tempo e il cervello dovesse compiere uno sforzo per congiungere presente e passato, percezione e ricordo. "Le interpretazioni scientifiche sono necessarie, ma non sufficienti. La struttura del cervello può essere paragonata a una centralina telefonica. Se ci sono dei disturbi nella centralina io capisco che il senso dei messaggi non è corretto, ma nel déjà vu non ci sono disturbi", dice Bodei. "Si potrebbe fare un parallelo con il sorriso che in realtà è una normale contrazione di muscoli, ma se noi riduciamo il sorriso a questo semplice movimento togliamo tutto il suo fascino, così accade per il déjà vu. Non si può confinare questo fenomeno all'aspetto cerebrale, dobbiamo considerare anche i lati emotivi e comunicativi. Il mistero del déjà vu è stato descritto al meglio dai poeti, grazie alla loro sensibilità. Penso alle piramidi del tempo di Shakespeare che in un verso descrive gli artifici del tempo che confondono l'uomo e gli fanno dubitare della sua identità, ma anche a Gabriele D'Annunzio, Dante, Paul Verlaine, Charles Baudelaire, Giuseppe Ungaretti, che hanno descritto con inquietudine e smarrimento il fenomeno del déjà vu. Io lo considero come l'equivalente fisico del crampo muscolare, uno spasmo del cervello che ci sorprende a tradimento e forse per questo è così affascinante".

Tempi ambigui
In una società dove tutto corre veloce il fenomeno del déjà vu sta tornando di moda. È proprio l'accelerazione del tempo, l'insieme delle più svariate esperienze, che non si riesce a far sedimentare che fanno venire un po' di nostalgia per la fissità. Insomma è come se non ci si accontentasse delle macchine digitali e le videocamere per immortalare i ricordi, si desidera qualcosa di più profondo. Così scaturisce una specie di protesta contro l'irreversibilità del tempo che si vorrebbe comandare. Ma ci si rende conto che è impossibile. "Il rapporto con il tempo è ambiguo e il fenomeno del déjà vu rende più visibile la caducità della vita, l'idea della morte. Noi tutti vorremmo rivivere i momenti belli e cancellare quelli tristi, ma con la logica sappiamo che ciò non è possibile", spiega Bodei. "Il déjà vu è un lampo senza preavviso che può apparire in momenti di tensione emotiva, in situazioni di stress o di cali di energie. Con questo fenomeno vogliamo mettere in discussione la linearità e l'irreversibilità del tempo. Ma questo modello lo possiamo smontare: il tempo è come una retta su cui scorre un filo indivisibile che è il presente, che si lascia alle spalle il passato e ha davanti il futuro. La realtà può diventare uno spazio aperto dove tutto può sempre succedere. I filosofi Plotino e Boezio dicevano che l'eternità non è infinita, è pienezza di vita che può essere colta anche in momenti discontinui, dove si spalanca un'esistenza diversa, una luce di speranza, si tratta solo di riflettere sulla struttura del tempo". Chissà se qualcuno l'ha già spiegato al signor Pharrel.

VARIAZIONI SUL TEMA
Fare e dimenticare. Credere di ascoltare. Sentire di aver provato. Una sfumatura può cambiare la percezione

Jamais-vu, letteralmente significa il "non ricordare" di aver visto qualcosa prima. La persona sa che l'evento è accaduto, ma l'esperienza non le è familiare. - Presque-vu, ovvero "ricordare quasi", ma non del tutto. È la tipica sensazione del "ce l'ho sulla punta della lingua".
déjà visité: la strana conoscenza di un posto nuovo. Qui la persona potrebbe riconoscere la strada da percorrere in una nuova città, un ambiente, pur sapendo che ciò non dovrebbe essere possibile. Oltre ai sogni per spiegare questo fenomeno si sono evocate la reincarnazione e anche il viaggio fuori dal corpo.
déjà écouté: sentire qualcosa apparentemente già sentito. Al contrario del déjà vu e del déjà veçu, che implicano la precognizione, ci si riferisce in modo specifico a una sensazione mentale.
déjà éprouvé, letteralmente significa già provato.

Fonte: Repubblica

Non so cosa mi sta succedendo, mi capita sempre più spesso...ogni volta è qualcosa di destabilizzante perchè non riesco a capire quale sia il confine tra la realtà e cio che sto immaginando...


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